L’epidemia del Covid ci ha portato necessariamente (per lo meno in occidente) a ripensare il “lavoro”, nello specifico si è fatto ricorso sempre più al cosi detto “smart working” o sarebbe meglio dire Telelavoro. Come sempre “luci ed ombre”.
Intanto facciamo chiarezza smart working NON è telelavoro o home working. Per smart working si intende la possibilità di SCEGLIERE dove
e quando lavorare, mentre spesso viene utilizzato come sinonimo di “lavoro da casa”. Useremo comunque il termine “smart working” perché di uso comune.Il “lavoro a distanza” (nelle sue tante forme) è e sarà sempre più in aumento (specie per alcune professioni ed in alcuni paesi) è un bene per la sostenibilità ambientale, siamo a favore di un modello “ibrido” fatto di “ufficio” e lavoro agile per mettere insieme i vari aspetti: sostenibilità ambientale e riduzione dell’inquinamento, salute, benessere del lavoratore, salvaguardia degli spazi privati e una sana socializzazione in presenza (sperando che questa maledetta pandemia se ne vada presto). In tutto questo non dimentichiamoci che anche il web inquina!
Lavorare da casa fa bene all’ambiente?
The Future of Jobs 2020, un rapporto redatto dal World Economic Forum, ha evidenziato una serie di tendenze in corso, tra cui l’espansione del lavoro a distanza, l’accelerazione della digitalizzazione e dell’automazione.
Secondo il World Economic Forum, se da un lato le serrate ed i lockdown e la conseguente recessione globale causata da Covid-19 portano insicurezza del lavoro, dall’altro spingono le aziende a cambiare i modelli di lavoro, incentivando le pratiche di smart working o per meglio dire di “telelavoro”.
Tuttavia, se in alcuni casi il passaggio al lavoro a distanza sembra necessario e conveniente, banalmente si pensi alla vita di tanti pendolari costretti ad alzarsi molte ore prima dell’inizio della loro giornata lavorativa per prendere i mezzi pubblici oppure all’inquinamento causato dalle auto private nel tragitto “casa – lavoro”, è consigliabile esaminare i pro e i contro dal punto di vista ambientale e sociale. Ed anche ricordare che non tutti i lavori possono essere svolti da remoto.
Sorgono domande relative al senso di comunità e di appartenenza generato tra i lavoratori che comunicano solo virtualmente, le sfide riguardanti il benessere personale e alla “solitudine”, la scomparsa (spesso lamentata in chi lavora da solo a casa) dei “tempi”, un tempo di lavoro che si espande ed invade il tempo privato, elementi che certo riguardano la sostenibilità nel suo complesso (sostenibilità è un concetto per noi ampio che riguarda l’ambiente, la natura e la vita).
A parte questo, è fondamentale valutare le conseguenze ambientali a lungo termine del lavoro a distanza. E probabilmente una formula ibrida potrebbe essere una ottima soluzione, o legata ad esempio allo spostamento del lavoratore: prendi l’auto e passi 3 ore ogni giorno nel traffico? Probabilmente il lavoro da casa è una ottima soluzione per te, la tua famiglia e l’ambiente ed è ovviamente sostenibile!
Smart working e riduzione delle emissioni di CO2
Già nel 2018, uno studio intitolato Added Value of Flexible Working, ha analizzato l’impatto del lavoro flessibile in sedici paesi. Ha concluso che la diffusione su larga scala di queste pratiche potrebbe ridurre i livelli di anidride carbonica di 214 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030. Per capire la portata di questo effetto, considerate che per rimuovere la stessa quantità di CO2 dall’atmosfera avremmo bisogno di piantare 5,5 miliardi di alberi nei prossimi dieci anni.
In effetti, lavorare da casa provoca una serie di impatti positivi sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica.
I cambiamenti principali riguardano l’uso dell’energia negli edifici, soprattutto per quanto riguarda il riscaldamento, il raffreddamento e l’illuminazione di case e uffici.
Altri impatti sarebbero legati alla tecnologia dell’informazione e della comunicazione (ICT), cioè il numero e il tipo di dispositivi necessari, come computer e stampanti. Anche lo stile di vita, che include le scelte alimentari e le attività ricreative, è influenzato dal lavoro a distanza. Infine, ci sarebbe una diminuzione nell’uso del trasporto, con i pendolari che diventano molto meno frequenti.
Considerato da questa prospettiva, lavorare da casa ridurrebbe le emissioni di anidride carbonica causate dai mezzi di trasporto.
Una diminuzione del consumo di cibo da asporto ridurrebbe a sua volta lo spreco di cibo e permetterebbe scelte alimentari più sostenibili, oltre a diminuire il consumo di imballaggi monouso, stoviglie, tovaglioli, bustine di salsa e cannucce.
Certo a livello di comunità questi aspetti sicuramente possono incidere negativamente sulle attività economiche locali legate alla presenza di uffici e di tante persone.
Trasporti, cibo, uso dell’energia: i rischi dello smart working per l’ambiente
Ma la questione non è così semplice. Non è detto che le pratiche di lavoro intelligenti vadano di pari passo con la sostenibilità ambientale. Infatti, ci sono molte altre variabili da considerare. Semplici variazioni stagionali nell’uso dell’energia, o diverse esigenze di riscaldamento e condizionamento dell’aria a diverse latitudini, possono far oscillare l’ago a favore del lavoro a distanza o del lavoro in ufficio a seconda del contesto.
Il rischio di un “effetto rimbalzo” è molto alto, specialmente quando entrano in gioco i trasporti pubblici o le mense sul posto di lavoro, o quando si considerano diversi livelli di efficienza energetica in certi edifici.
Prendiamo il caso dei trasporti. Quando si lavora da casa, i dipendenti non hanno bisogno di usare treni, autobus o reti metropolitane ogni giorno. Questo porta a una riduzione delle emissioni. Tuttavia, questa riduzione può essere annullata se, una volta alla settimana, o anche una volta al mese, i dipendenti scelgono di andare in ufficio in auto, da soli. Al contrario, questo non vale se decidono di andare in bicicletta, o anche se si sceglie di andare senza auto per altri viaggi di lavoro o personali.
Un discorso simile può essere fatto per il cibo.
Le mense aziendali e i ristoranti forniscono pasti a un gran numero di lavoratori, con livelli di consumo che implicano significative economie di scala. Le alternative al lavoro a distanza potrebbero essere meno sostenibili: i pasti quotidiani da asporto o le consegne di cibo a domicilio sono spesso sovraimballati, e tali contenitori e imballaggi monouso rischiano di avere un impatto ambientale complessivo peggiore.
Molto dipende anche dal fatto che le case dei lavoratori remoti siano alimentate da fonti rinnovabili o da combustibili fossili. Inoltre, se i sistemi di illuminazione, riscaldamento e aria condizionata negli edifici per uffici non sono dotati di sensori di movimento o di sistemi di attivazione intelligente, c’è il rischio che questi edifici continuino a consumare al 100% anche quando è presente solo il 10% della forza lavoro. In questo caso, l’uso di energia sarebbe quasi raddoppiato, dato che i lavoratori remoti usano l’elettricità e i sistemi di riscaldamento delle loro case.
Mentre l’uso di energia dell’azienda potrebbe diminuire, l’impatto ambientale complessivo delle sue attività finirebbe per aumentare. I sistemi di gestione dell’energia sul posto di lavoro sono spesso più efficienti di quelli delle singole abitazioni, dove potrebbe non esserci la possibilità di riscaldare una singola stanza invece dell’intera casa.
Lo stesso vale per i mobili da ufficio: c’è il rischio di una produzione eccessiva di tavoli, sedie e lampade, dato che la gente cerca di ricreare a casa le comodità del posto di lavoro.
Ripensare gli ambienti di lavoro, anche per il lavoro a distanza
Chiaramente, non tutti gli edifici sono uguali, e non si può sostenere che il lavoro a distanza o in ufficio sia inequivocabilmente più sostenibile dal punto di vista ambientale. Come per molte cose, dipende.
Se i dipendenti lavorano in un edificio certificato in classe energetica A, ad alto risparmio energetico è molto improbabile che le case dei singoli dipendenti possano competere in termini di efficienza.
La relazione tra le pratiche di smart working e l’economia circolare può funzionare in quanto si sceglie sempre la soluzione più sostenibile, per esempio evitando di stampare e sprecare carta, o optando per la luce naturale quando possibile. Ci sono grandi opportunità economiche da cogliere in questo settore. La chiave è offrire ai lavoratori a distanza opzioni che abbracciano pienamente la sostenibilità e l’economia circolare.
Insieme allo sviluppo di spazi di lavoro più ecologici, il bisogno di mobili per ufficio sostenibili è in aumento ovunque anche in Italia, sempre più piena di “co-working” che fanno della sostenibilità ambientale un loro punto di forza (anche qui con luci ed ombre, ma siamo probabilmente all’inizio).
Il numero di dipendenti e freelance che lavorano in remoto nei prossimi anni è molto probabile che continui ad aumentare (piaccia o non piaccia).
Per ridurre l’impatto ambientale di questo modo di lavorare, sarà fondamentale ripensare la funzione di alcune aree di una città, riorganizzando gli spazi e le infrastrutture digitali delle aziende. Decisioni semplici ma lungimiranti potrebbero avere impatti esponenziali. L’impronta ambientale che il lavoro a distanza avrà a lungo termine dipende interamente dalle decisioni personali e delle aziende, e da come queste saranno incentivate in una prospettiva circolare e sostenibile.
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