Dagli scarti alimentari è possibile ricavare bioplastiche resistenti ed a bassissimo impatto ambientale.
La lotta alla plastica (a cui abbiamo voluto dedicare una sezione del nostro blog) in particolare a quella monouso (simbolo dell’idiozia dei nostri tempi: utilizzare un materiale, la plastica, che “promette di inquinarci per centinaia di anni” per l’usa e getta) passa anche e soprattutto nel trovare valide alternative.
Dalla fecola di patata alle posate monouso
Un esempio brillante viene dalla Svezia e si tratta della geniale invenzione di Pontus Törnqvist, studente di Industrial design a Goteborg, che ha dato vita ad un materiale bioplastico che ha chiamato la potato plastic ovvero la plastica di patate, 100% biodegradabile in quanto realizzata solamente con fecola di patate ed acqua. Questo composto viene prima riscaldato facendolo addensare, poi viene fatto raffreddare e messo in degli stampi con la forma che gli si vuole dare. Quello che viene fuori è un materiale termoplastico che una volta raffreddato si indurisce diventando resistente. Pontus Törnqvist ha testato la potato plastic per produrre forchette e coltelli monouso, che attenzione si decompongono totalmente nell’arco di due mesi. L’invenzione è salita agli onori della cronaca in quanto vincitrice del locale James Dyson Award 2018, il premio consentirà al giovane di proseguire i suoi studi su questa bioplastica sperando che in un futuro prossimo possa essere commercializzata.
Da un derivato delle alghe rosse la nuova plastica
Sempre da uno studente del nord europa, estremo nord visto che parliamo di Islanda, è venuta l’idea di Ari Jonsson, dell’Accademia d’arte di Reykjavik, gli ingredienti per la sua plastica ecologica come nel primo caso sono solo due, in questo caso è acqua con l’aggiunta di una polvere ricavata da un’alga rossa, l’agar. Questi due elementi uniti danno vita ad un composto gelatinoso che una volta fatto riscaldare, messo in degli stampi e successivamente posto qualche minuto in congelatore danno vita a bottiglie o contenitori ecologici e naturalmente biodegradabili.
Una cosa curiosa è che fino a quando il contenitore rimane liquido il recipiente rimane intatto, mentre una volta svuotato comincia piano piano il suo processo di decomposizione, che attenzione potrebbe essere accelerato: mangiandolo! Ebbene si questo composto è commestibile in quanto l’alga agar agar è usata in alcune cucine come quella giapponese. Proprio un’azienda nipponica AMAM ha brevettato il composto del giovane ricercatore islandese, implementando la ricerca su questo materiale che si presenta come una valida alternativa per quanto riguarda i contenitore e le bottiglie.
Eccellenze Made in Italy
La ricerca delle bioplastiche ricavate da scarti vegetali ha anche in Italia un suo fiore all’occhiello. Stiamo parlando dell’azienda bolognese Bio-on specializzata nel produrre alternative alla plastica derivata dal petrolio riciclando scarti vegetali come le barbabietole, le patate, la canna da zucchero sino all’olio da frittura. Il tutto dato in pasto ai batteri che sono loro i veri protagonisti di questa rivoluzione green nel settore della plastica. Da questo banchetto i batteri producono riserve di energia che vengono trasformate in poliestere lineare che poi attraverso delle procedure meccaniche vengono trasformate in plastiche biodegradabili, con caratteristiche di resistenza simili a quelle tradizionali.
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