Michele è una delle eccellenze nella ricerca italiana, vincitore per il 2018 dell’Eni Award come Young Resercher of the year.
Il premio gli sarà consegnato il prossimo ottobre dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Le sue ricerche sono incentrate sulle nuove tecnologie legate al fotovoltaico. Lo abbiamo intervistato per cercare di capire da profani di cosa trattano i suoi studi, chi è Michele e quali sono i suoi progetti futuri.
Questo tipo di riconoscimento viene consegnato alle tesi che riescono a trovare il miglior compromesso tra ambiente e produzione energetica. Ci parli di questi lavori e degli impieghi pratici degli stessi?
L’Eni Award è un premio all’eccellenza per la ricerca energetica. Fondato nel 2008, oggi è diviso in sei sezioni. Il premio “Young researcher of the year” viene consegnato a candidati la cui tesi di dottorato sia stata discussa in Italia e copra uno dei tre settori: Energy transition, Energy Frontier e Advanced Environmental Solution. A livello generale, per una tesi di dottorato (e quindi materiale di pura ricerca), non è sempre possibile stabilire un diretto impiego pratico o un lasso temporale in cui i risultati impattino nel sistema industriale. Nel mio caso sono un esempio le celle solari perovskitche che solo ora, dopo oltre cinque anni dalle prime pubblicazioni, stanno emergendo oltre il livello start-up.
Parliamo ora dello stato attuale del fotovoltaico e delle rinnovabili in genere. Attualmente quali sono i punti di forza e le maggiori criticità che vengono riscontrate? Come i suoi studi e quelli di altri potranno incidere nel futuro su queste criticità?
Il settore fotovoltaico, come molte altre rinnovabili, è in forte crescita. Questa crescita è dovuta sia ad una maggiore consapevolezza delle persone, sia ad una diminuzione drastica dei costi di produzione delle celle solari. La consapevolezza nasce dall’innegabile cambiamento climatico, effetto serra, surriscaldamento ecc. che stiamo vivendo. La riduzione dei costi è una diretta conseguenza dell’intenso investimento da parte di diverse nazioni, in particolare della Cina. Purtroppo l’intervento cinese ha anche segnato negativamente sia l’industria manifatturiera, facendo scomparire molte (quasi tutte) medio-piccole aziende, che lo sviluppo di diverse tecnologie (non più in grado di competere con le celle cinesi).
Figura 1 Produzione mondiale di celle solari dal 2005 al 2017 (stimata). Fonte: Photon Magazine 2012, Ikki O., PV Activities in Japan, Vol. 23, 2017 e PV News, The Prometheus Institute, ISSN 0739-4829).
Lo stato del fotovoltaico in Italia: quanto produciamo e quanta qualità? Facendo un raffronto tra gli altri maggiori paesi europei come siamo messi?
Purtroppo circa dal 2011 la produzione di celle solari in Italia è costantemente in calo. Se non ricordo male (ma potrei sbagliarmi) proprio durante questo anno c’è stato un forte taglio sugli incentivi pubblici che ha più o meno coinciso con l’ingresso dominante della Cina nel mercato delle rinnovabili. Ad oggi non sono rimaste molte aziende a produrre celle solari. Però continuano ad esistere e crescere diverse aziende per l’installazione dei pannelli. Di fatto in Europa siamo secondi solo alla Germania come installazioni. La fase di installazione rappresenta il costo maggiore per avere “le celle sul tetto”.
Figura 2 Installazione di celle solari cumulativamente dal 2010 al 2017. Fonte: IEA PVPS, 2016 Snapshots of global PV markets, Report IEA PVPS T1-31:2017, April 2017, ISBN 978-3-906042-58-9, Solar Power Europe, Global market outlook for solar power 2017-2021, June 2017, Systèmes Solaires, le journal du photovoltaique, Photovoltaic energy barometer, April 2017, ISSN 0295-5873.
Quanto pesano attualmente gli incentivi statali nello sviluppo del fotovoltaico?
Non sono informato attualmente sulla situazione incentivi uno dei motivi per cui consigliamo di puntare sul fotovoltaico in Italia, so che ci sono state delle interessanti variazioni con la legge di bilancio del 2018, ma i benefit principali mi sembrava riguardassero il solare termico (da non confondere con il fotovoltaico, il primo genera acqua calda, il secondo corrente elettrica). Di fatto gli incentivi restano quella clausola extra per convincere un cliente in più a mettere i pannelli sul proprio tetto.
Lei è un ricercatore dell’Università di Padova ma collabora anche con il Kaust Solar Center in Arabia Saudita. Ci parli della sua carriera accademica e delle prospettive attuali di un ricercatore italiano?
Ero uno studente di dottorato dell’Università di Padova in co-tutela con l’Istituto Italiano di Tecnologia, ora sono un ricercatore al KAUST (King Abdullah University of Science and Technology). Vorrei iniziare con un concetto per me fondamentale riguardo la carriera accademica tecnico-scientifica (non posso esprimermi su altre). Una o più esperienze di ricerca all’estero sono mandatorie per formare uno scienziato. Non si tratta assolutamente di “fuga di cervelli”. Si tratta di “networking”. La ricerca si basa su collaborazioni internazionali per fronteggiare sia gli enormi costi economici che la circolazione e rigenerazione di idee. Certamente voglio tornare in Italia, il quando si basa sulle opportunità che si andranno a creare. Va anche sottolineato che in questi anni l’Italia ha investito poco nella ricerca accademica, se paragonata ad altri paesi europei. Certo, siamo ancora in una situazione di crisi economica e tutto, ma va tristemente detto, per fare ricerca applicata servono capitali. E ne servono tanti.
Domanda banale: lei consiglierebbe al suo vicino di casa di installare pannelli fotovoltaici?
Quale sarebbe la sua risposta da ‘amico’ ad una domanda del genere…
Gli risponderei chiedendogli se ha calcolato qual’è il tempo di rientro dell’investimento. Perché è vero che vogliamo rispettare l’ambiente e definirci rinnovabili, ma prima di tutto immagino che il mio vicino di casa voglia risparmiare. Comunque, anche se il fotovoltaico domestico non è il settore di ricerca che seguo, posso dirti che se avessi una casa mia, li avrei montati.
La passione per le energie rinnovabili le è venuta durante i suoi studi universitari o la protezione dell’ambiente e la finitezza delle risorse fanno parte da sempre del suo modo di pensare?
Ho iniziato a studiare celle solari durante la tesi triennale triennale, da li ho poi continuato con la magistrale, dottorato e postdoc. Diversi tipi di celle, ma sempre nel fotovoltaico. Da un lato mi piace “creare” celle e vederle funzionare (non che funzionino sempre, anzi), dall’altro ho sempre pensato che fosse una cosa giusta, quella di sviluppare una forma di energia rinnovabile. Questo però si potrebbe dire di qualsiasi topic di ricerca.
Ecco ora una domanda libera sui suoi progetti futuri…
Nel programma di riforma e sviluppo Vision2030 l’Arabia Saudita ha recentemente annunciato che verranno installati impianti fotovoltaici per 200GW(1). Attualmente in tutto il mondo ne sono installati cumulativamente circa 310 GW (2). Si tratta di un progetto colossale, che avrà sicuramente un impatto ambientale notevole considerando che qui attualmente la corrente elettrica viene prodotta principalmente bruciando petrolio. Ora mi sto occupando di sviluppare un particolare tipo di cella solare, basata su silicio mono-cristallino, ottimizzata per lavorare alle alte temperature tipiche dei climi desertici medio-orientali. Dove la bussola punterà nei prossimi anni, questo dipende dalle opportunità che si andranno a creare.
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https://www.pv-magazine.com/2018/03/28/softbank-saudi-sign-incredulous-200-gw-solar-mou-comment
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J. Waldau – PV Status report 2017