L’attesa svolta ambientalista Italiana in questo luogo dedicato all’economia circolare è già realtà.
Uno spazio ‘commerciale’ concepito per essere il simbolo privilegiato ed affascinante della green economy all’interno di una città, Torino ed a un quartiere come il Lingotto, emblematico per l’industria italiana del 900 che ha saputo rigenerarsi affrontando le sfide del futuro, prima tra tutte la sostenibilità ambientale e temi importanti come l’eticità del consumo e le energie rinnovabili, ma non solo.
Tutto questo ha un nome Green Pea. Un contenitore di 15 mila metri quadri, con 66 negozi e 1 museo, ma anche ristoranti e palestre, che vogliono rappresentare la nuova architettura e il nuovo design Made in Italy, orientati in modo convinto e irreversibile verso la sostenibilità ambientale e l’eco-design. Un sogno divenuto realtà, inaugurato a Torino il 9 dicembre 2020, ma che è già considerato un simbolo della nuova economia italiana del ‘bello e sostenibile‘, essendo prevista la realizzazione di altri Green Pea in altre importanti città del mondo.
Natural mania ha contattato gli studi di Architetti e designer che hanno concepito e realizzato il Green Pea per cercare di capire in maniera approfondita di cosa si tratta, i materiali usati e la filosofia che vi è dietro questa struttura il cui simbolo è un piccolo pisello!
Innanzitutto, provate a descrivere il Green Pea a chi non lo conosce, partendo innanzitutto da cosa si tratta. Parlateci della filosofia, del manifesto e delle persone che hanno partecipato alla realizzazione di questo progetto avveniristico nel quartiere Lingotto di Torino.
“Come ACC Naturale Architettura Cristiana Catino e Negozio Blu Architetti (Ambrosini, Gatti, Grometto) abbiamo concepito un’architettura-simbolo per dare forma alla visione strategica di Green Pea: un edificio altamente sostenibile, un manifesto costruito con nuove tecnologie e materiali naturali per trasmettere, attraverso l’architettura, l’idea di rispetto dell’ambiente e armonia con la natura. Green Pea è l’ultimo tassello della riqualificazione dell’area ex-industriale Carpano Lingotto, un progetto cardine del processo di rigenerazione che interessa l’area sud di Torino“.
Qual è secondo voi il carattere maggiormente innovativo di questo centro? Ve la sentite di considerare il Green Pea un progetto ‘simbolo’ che può essere fonte di ispirazione per altre attività?
“Green Pea rappresenta un nuovo format di architettura urbana in equilibrio tra architettura e ambiente, sostenibilità e bellezza, qualità e funzionalità. Definito da una trama di materiali naturali e permeato di luce e verde, è un edificio resiliente ed eco-sostenibile in ogni suo dettaglio.
L’involucro esterno è costituito da un doppio livello di superfici. Un guscio esterno di lamelle frangisole in legno, sostenuto da una nervatura in acciaio, forma un “treillage” tecnico che fa da filtro tra interno ed esterno e permette all’edificio di respirare, di aprirsi alla città e di proteggersi dal sole. Le lamelle, termo-trattate per l’uso esterno e irrigidite da un’anima metallica, sono state realizzate con legno di abete recuperato dalle foreste della trentina Val di Fiemme e del Bellunese, distrutte dalla tempesta dell’ottobre 2018 e dalle quali tradizionalmente si ricavava il legno per le tavole armoniche degli strumenti”.
Quanto tempo c’è voluto per realizzare il progetto, farlo approvare e portare a termine il centro? Avete trovato un’apertura mentale nelle istituzioni o all’inizio vi sono state delle resistenze?
“Diciamo che dieci anni fa ha avuto inizio la prima fase di tipo urbanistico, in cui abbiamo definito le regole del gioco attraverso lo strumento esecutivo, strumento che sta tra la componente progettuale e quella edilizia. Abbiamo deciso altezza, volumetria, dimensioni, caratteristiche estetiche e, come un guscio perimetrale, dà protezione all’interno. L’area del Lingotto non è mai stata parte della città tradizionale, perché vocata all’industria. Attraverso il progetto abbiamo avuto l’occasione di lavorare su una zona di città “vergine”, in modo non convenzionale, immaginandoci una parte di città che dialogasse con la natura.
L’abbiamo immaginata come una macroarea ricoperta da un grande prato verde, che poi abbiamo estruso creando un grande corpo di fabbrica omogeneo con delle pareti perimetrali in legno e un tetto a giardino. Green Pea è uno di questi blocchi.
Il progetto esecutivo è iniziato nel 2016 e il cantiere nel 2018, la città ha accolto con entusiasmo e spirito collaborativo il progetto anche sulla scorta di quanto avevamo fatto con Eataly”.
Quali materiali avete utilizzato per la realizzazione degli esterni e gli interni? Per quanto riguarda gli interni avete seguito delle linee comuni armoniche o per la realizzazione di ogni spazio espositivo vi siete serviti di più professionalità e più idee?
“Dell’involucro esterno in legno di recupero ne abbiamo parlato sopra. Il guscio interno invece è costituito da un tamponamento di pannelli sandwich in legno massello KVH, coibentati in fibra di legno e rivestiti in lamiera metallica.
La struttura portante, è in acciaio, materiale riciclabile al 100%, ed è interamente montata a secco tramite bullonature, in modo da essere smontabile e rimovibile facilmente consentendone nel lungo periodo l’allungamento del ciclo di vita:
Per gli interni, le luci, i colori, l’acustica, l’allestimento e il rapporto con la vegetazione sono il manifesto di questa appartenenza di intenti.
Dai soffitti ai pavimenti, passando per le pareti, sono stati selezionati materiali innovativi nel settore della sostenibilità e del confort degli interni: materiali tradizionali come calce naturale e legno di recupero (legno già abbattuto e recuperato lungo i letti dei fiumi della val Varaita) per i pavimenti, pannelli divisori in legno di recupero, tinteggiature con una vernice che neutralizza gli agenti inquinanti, previene la crescita di muffe e microbi, raccolgono e sottolineano gli spazi.
La luce artificiale dialoga con quella naturale che è parte integrante delle scelte architettoniche e che attraverso le grandi vetrate e le viste verso l’esterno, inonda di luce gli spazi interni. La vegetazione è diventata un elemento architettonico, con la scelta delle essenze che colmano gli spazi esterni”.
Nella realizzazione delle forme e nella scelta dei materiali avete seguito i principi dell’eco-design?
“Un edificio nuovo è una storia che pian piano prende vita. Trae ispirazione da un luogo, lo ascolta, ne rispetta le radici e ne accompagna la trasformazione. Usando come trama la durabilità, il riuso, la ricerca di materiali ecosostenibili, le modalità innovative di applicazione e riportando la natura in questa parte di città, abbiamo dato forma agli interni di Green Pea: un’architettura con e per la natura in rapporto positivo e costruttivo con gli esseri umani capace di influenzare positivamente il nostro benessere”.
Parliamo ora dei consumi all’interno del centro. Immagino che nella progettazione e nella realizzazione vi siate serviti di materiali ed attrezzature per il risparmio energetico. Potete dirci quali?
“Dal punto di vista impiantistico Green Pea offre un ampio panorama delle diverse modalità di produzione di energia attraverso fonti rinnovabili: pozzi geotermici, pannelli fotovoltaici, pannelli solari, mini pale eoliche, smart flowers, fino a pavimenti piezoelettrici che consentono il recupero dell’energia cinetica generata dal passaggio degli utenti. Gli impianti sono intenzionalmente lasciati a vista anche per richiamare le origini industriali del sito. L’insieme di queste strategie ambientali attive e passive, rivolte al raggiungimento della massima efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni di CO2 ha consentito di ottenere un punteggio del Protocollo Itaca di 3.5. realizzando un edificio NZEB (Nearly Zero Energy Building) in classe A3“.
Faccio l’avvocato del diavolo: esiste un possibile matrimonio tra consumismo e tematiche ambientali? La stessa società dei consumi che è portatrice di inquinamento e di cambiamenti climatici è in grado di riformularsi in un’ottica di tutela ambientale e promozione di un consumo critico e consapevole? Qual è il significato del piccolo pisello verde?
“Green Pea vuole dimostrare che vi è la possibilità, subito, di vivere in armonia con il pianeta senza rinunciare al bello. Poiché questo scopo è già stato in parte raggiunto con Eataly per quanto riguarda il cibo, dunque l’agricoltura, ora Green Pea ci prova con le altre principali attività di consumo: muoversi, abitare, vestirsi e poi stare puliti, in forma e sapienti”.
Come ama dire Farinetti, nel 2020 deve diventare cool comportarsi bene e il pea dot vuole essere il simbolo di questa inversione di rotta nella produzione e nei consumi che è un’assoluta priorità. Rappresenta un piccolo legume, rotondo come la Terra e verde come dovrebbe essere il nostro pianeta. Insomma, un simbolo della rivoluzione dei consumi. Dobbiamo smettere di consumare o consumare con rispetto? Green Pea risponde con un’idea: è il momento di valorizzare il lato bello e piacevole di comportarsi bene, nel rispetto della natura”, aggiunge l’imprenditore piemontese, mentre accompagna i giornalisti in un tour negozio per negozio. Nello store ci sono oltre 100 partner, di cui 66 negozi suddivisi tra abbigliamento, arredo, energia, mobilità e tempo libero. E non solo marchi già affermati sul mercato ma anche startup.
Uno spazio che vuole restituire economia circolare da ogni prodotto esposto e servizio offerto“.
Il Green Pea di Torino vuole essere il primo di questi centri in giro per l’Italia, l’Europa e perché no il mondo. Avete già in mente dove fare il secondo passo?
“Questa domanda andrebbe fatta al nostro committente più che a noi architetti. Green Pea è un nuovo department store che porta il concetto base che la famiglia Farinetti aveva avviato con Eataly per il cibo nel settore dell’arredamento, dell’abbigliamento, dell’oggettistica e della cosmetica, con l’obiettivo di cambiare le abitudini d’acquisto. Tutti prodotti in vendita sono ecocompatibili e rispettosi dell’ambiente: capi realizzati con tessuti derivati da coltivazioni eco-friendly, cosmetici biologici, oggetti di arredamento e mobili prodotti senza colle sintetiche e costruiti con materiali che non danneggiano l’ambiente, giocattoli, mezzi di trasporto ecologici e molto altro. La sfida è stata quella di partire da Torino che sarà l’unico Green Pea in Italia, mentre ne sono previsti altri dieci all’estero nei prossimi dieci anni, da Londra a Parigi, dagli Usa alla Cina, Giappone, Canada ed Emirati Arabi“.
Domanda a piacere, ci parli di progetti futuri o di qualche aspetto non ancora trattato.
“Un aspetto a cui teniamo molto è la vegetazione che si inserisce attraverso la trama organica delle facciate in legno, che diventa vero e proprio materiale costitutivo dell’architettura. Il verde, non usato in maniera mimetica, si sviluppa da un sistema di terrazze in cui sono piantumate piante ad alto fusto in grandi vasche. L’edificio appare così come un organismo naturale che vibra a seconda della luce e della crescita delle piante. La vegetazione è stata selezionata per essere idonea al clima e al microclima delle diverse facciate dell’edificio, privilegiando piante autoctone e flora italiana.
Differenti ambienti naturali partono dal basamento dell’edificio e si incontrano nella copertura, il grande tetto giardino attrezzato, caratterizzato da una serra bioclimatica che diventa la “quinta facciata” di Green Pea.
In questa parte della città, pesantemente industrializzata nel corso del Novecento, il verde torna a giocare un ruolo e a leggersi nel tessuto urbano”.