Nell’industria della moda, molte aziende si impegnano in una pratica nota come “greenwashing“, una tattica di marketing che mira a far sembrare i brand più sostenibili di quanto realmente siano.
Questo ingannevole gioco delle apparenze spesso si traduce in dichiarazioni vaghe e ambigue, progettate per sfruttare l’interesse crescente dei consumatori per la sostenibilità e continuare nella pratica ad alimentare modi di produzione classici. Ricordiamolo l’industria della moda è la seconda più inquinante al mondo e produce dal 4% al 15% delle emissioni globali di anidride carbonica (Co2). Esploreremo in questo articolo come le aziende possono manipolare la percezione del consumatore attraverso strategie di marketing ingannevoli e tracceremo la storia e l’evoluzione del greenwashing, evidenziando come sia diventato sempre più sofisticato nel corso degli anni. Le grandi aziende (non tutte ovviamente) spesso spendono migliaia di euro in strategie di marketing volte a ‘camuffare‘ la poca consistenza della loro svolta green, evidenziandola però nelle etichette e nella pubblicità, convinte che sia comunque più conveniente questa strategia di una autentica e veritiera svolta verso un modo della moda più sostenibile e meno energivoro. A livello di principi il settore che maggiormente andrebbe ostacolato e ridimensionato è quello del ‘Fast fashion‘ ovvero la moda usa e getta divenuta molto popolare negli ultimi anni per alcuni marchi e perché fondamentalmente costa poco e promuovere la Slow Fashion. Il consumatore finale andrebbe informato sui costi sociali e ecologici di questo tipo di oggetti, snocciolando le cifre in termini di inquinamento e sfruttamento della manodopera soprattutto nel sud del mondo.
Decifrare le etichette e le certificazioni
Molte volte, le aziende di moda affiggono etichette e certificazioni sui loro prodotti, ma è cruciale imparare a leggere tra le righe. Non tutte le etichette sono create uguali, e molte certificazioni possono essere fuorvianti o ambigue.Analisi delle Etichette:
Le etichette sono spesso il primo punto di contatto tra il consumatore e il prodotto, ma possono anche essere fonte di inganno. Alcune etichette ben progettate possono fornire informazioni dettagliate sulla sostenibilità di un capo d’abbigliamento, mentre altre potrebbero essere create per impressionare senza offrire sostanza.
Esempi di Buone Etichette
Realizzato con Cotone Biologico: un’etichetta che specifica l’uso di cotone biologico indica un impegno verso pratiche agricole sostenibili.
Tinture a Basso Impatto Ambientale: un marchio che si impegna a utilizzare tinture che riducono l’impatto ambientale.
Esempi di Etichette Ambigue o Fuorvianti
- Eco-Friendly: un termine generico che potrebbe nascondere pratiche meno sostenibili senza fornire dettagli specifici.
- Naturale: questo termine non è regolamentato e potrebbe non garantire nulla riguardo alla sostenibilità del prodotto.
- Verde o Ecologico: simili a “Eco-Friendly“, possono essere utilizzati in modo impreciso senza fornire prove concrete.
Le certificazioni dovrebbero fornire una guida chiara sulla sostenibilità di un prodotto, ma non tutte sono create uguali. Alcune possono essere ambigue o avere standard che non soddisfano appieno le aspettative di sostenibilità.
Esempi di Certificazioni Affidabili
GOTS (Global Organic Textile Standard): certifica che il tessuto è biologico e che sono rispettati elevati standard ambientali e sociali lungo tutta la catena di produzione.
Bluesign: garantisce che i materiali utilizzati sono stati prodotti in modo sostenibile e che i processi di produzione rispettino gli standard ambientali.
Esempi di Certificazioni Ambigue
Green Seal: questa certificazione può variare in termini di rigore e non è sempre indicativa di una sostenibilità eccezionale.
Sustainable Textile: senza standard definiti, questa certificazione potrebbe essere utilizzata liberamente senza garantire pratiche sostenibili.
Materiali Sostenibili vs. Dichiarazioni Sospette
Nel mondo della moda sostenibile, la scelta dei materiali è cruciale. Tuttavia, le dichiarazioni relative ai materiali possono essere ingannevoli e richiedono una valutazione critica. Cerchiamo in qualche maniera di fare chiarezza sulle varie terminologie usate in questi ambiti e come attraverso queste poter scorgere chi alla sostenibilità ci crede sul serio e chi invece vuole fare solo marketing e poco più.Come riconoscere i materiali sostenibili
Biodegradabilità: il Vero Significato dietro la Parola
La biodegradabilità è una caratteristica chiave per valutare la sostenibilità di un materiale. Quando un tessuto è biodegradabile, significa che può essere decomposto naturalmente dagli organismi biologici senza lasciare residui nocivi nell’ambiente. Nel contesto della moda sostenibile, è fondamentale cercare materiali come il cotone biologico o le fibre di bambù, che siano facilmente biodegradabili al termine del loro ciclo di vita.
Riciclo: la Seconda Vita dei Materiali
Il riciclo dei materiali è un altro aspetto essenziale della sostenibilità nella moda. L’utilizzo di materiali riciclati contribuisce a ridurre la dipendenza dalle risorse vergini e a limitare l’impatto ambientale associato all’estrazione di nuove materie prime. Fibre riciclate, come il poliestere riciclato, offrono un’alternativa responsabile senza compromettere la qualità del prodotto.
Dichiarazioni Sospette: saper leggere tra le righe delle etichette
Tessuto Ecologico: alla ricerca di dettagli concreti
Il termine “tessuto ecologico” può essere allettante, ma senza dettagli specifici, la sua validità è incerta. I consumatori devono cercare ulteriori informazioni sulla provenienza del tessuto, sulle pratiche agricole utilizzate (nel caso di fibre naturali) e su eventuali processi chimici coinvolti nella produzione.
Simile a: quando la trasparenza è cruciale
Dichiarazioni come “simile a” un materiale sostenibile richiedono particolare attenzione. Le aziende possono utilizzare questo termine per sfruttare la popolarità di materiali ecologici senza impegnarsi effettivamente in pratiche sostenibili. I consumatori devono essere consapevoli di richiedere dettagli specifici su come un materiale sia effettivamente simile a quello sostenibile indicato.
Tracciabilità della Catena di Approvvigionamento
La trasparenza nella catena di approvvigionamento è un indicatore cruciale di un impegno autentico verso la sostenibilità. Analizziamo come
Segnali di Mancanza di Trasparenza
Reticenza a fornire dettagli: aziende che evitano di condividere informazioni dettagliate sulla catena di approvvigionamento potrebbero nascondere pratiche non sostentabili e sfruttamento della manodopera.
Etichettatura generica: prodotti con etichette vaghe o generiche potrebbero nascondere il fatto che l’azienda non conosce veramente la propria catena di approvvigionamento.
Prezzi eccezionalmente bassi: della serie fatevi una domanda e datevi una risposta. Perché questo capo d’abbigliamento costa così poco? A meno che non si tratti di un capo ‘difettoso’, quindi venduto volutamente sottoprezzo, il resto puzza e anche tanto. Chiedetevi quindi ogni volta che comprate uno di questi capi quale sia il costo etico che vi è dietro la vostra scelta.
Attraverso l’analisi attenta di dichiarazioni relative ai materiali e l’esame della trasparenza nella catena di approvvigionamento e il giusto prezzo (difficile da concepire in un epoca di crisi permanente), i consumatori saranno in grado di distinguere tra aziende autenticamente sostenibili e quelle che potrebbero utilizzare tattiche di marketing ingannevoli.
Analisi del Ciclo di Vita del Prodotto
Approfondimento sul Concetto di Analisi del Ciclo di Vita
L’analisi del ciclo di vita è un approccio chiave per valutare l’impatto ambientale di un capo d’abbigliamento lungo tutte le fasi del suo ciclo di vita, dalla produzione alla distribuzione, dall’uso al suo smaltimento finale. Esaminare attentamente queste fasi fornisce una comprensione completa degli impatti ambientali complessivi di un prodotto.Valutare la sostenibilità dei processi produttivi, la gestione delle risorse e l’uso di energia rinnovabile e considerare la qualità e la durata del capo d’abbigliamento per ridurre la frequenza di acquisti e, di conseguenza, il rifiuto. Della serie comprare meno comprare meglio.
Campagne di Marketing vs. Impegno Reale
Esaminare le Campagne Pubblicitarie e il Linguaggio Utilizzato
Le aziende di moda spesso utilizzano campagne pubblicitarie accattivanti e un linguaggio mirato per promuovere un’immagine sostenibile. Tuttavia, è fondamentale scindere le promesse di marketing dall’effettivo impegno verso la sostenibilità. Verificare la validità delle affermazioni pubblicitarie attraverso ricerche indipendenti e fonti affidabili, non è semplice ma una mano la possono dare. Inoltre bisogna essere consapevoli di termini ambigui come “ecologico” o “rispettoso dell’ambiente” e cercare informazioni più concrete per vedere se si tratta di termini vuoti di contenuto o se applicati concretamente.
Coinvolgimento con la Comunità e l’Ambiente
Valutare il Coinvolgimento dell’Azienda in Progetti e Iniziative
Il coinvolgimento autentico e reale in progetti comunitari e iniziative ambientali è un segnale di un impegno reale verso la sostenibilità. A dire il vero questo modus operandi può essere fuorviante, le aziende potrebbero infatti sfruttare queste attività come parte di una strategia di marketing e nel concreto continuare a consumare energia come se non ci fosse un domani, sfruttare i lavoratori, specialmente nel sud nel mondo. Ma occorre provarci, per far questo bisognerebbe esaminare la partecipazione a progetti di responsabilità sociale d’impresa e valutarne l’impatto effettivo sulla comunità e verificare se le azioni dell’azienda vanno oltre il mero aspetto pubblicitario, contribuendo effettivamente alla conservazione ambientale. In ogni caso, sarebbe auspicabile per il consumatore finale fidarsi maggiormente di piccole imprese locali, che producano in forma tracciabile e che possono attingere dalle tradizioni e dai prodotti del posto, maestranze comprese, per la produzione di capi di moda, cercare quindi di promuovere e valorizzare lo Slow Fashion.
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